Un traffico illegale, un abominio che anche quest’anno vedrà il suo picco massimo a Natale: la vendita di cuccioli è già iniziata.
C’è una scena che si ripete ogni anno, proprio a ridosso delle feste natalizie. Bambini che corrono verso un albero decorato, scartano un pacco che sembra vivo e si trovano di fronte un cucciolo minuscolo, spesso con occhi lucidi e un’aria fragile. Quello che dovrebbe essere un sogno si trasforma troppo spesso in un incubo. Ma perché? Chi c’è dietro questa scena apparentemente perfetta? Per scoprirlo, bisogna spostare il velo che nasconde uno dei mercati più oscuri e redditizi del mondo digitale.
TikTok, la piattaforma che milioni di giovani usano per video di ballo e meme, è diventata inaspettatamente il nuovo terreno fertile per il traffico illegale di cuccioli. Cagnolini presentati come “toy” o “mini” compaiono nei video, spesso accompagnati da musiche accattivanti e immagini dolci. Ma la verità è ben diversa: molti di quei cuccioli sono veri e propri prodotti di un sistema criminale, dove la sofferenza degli animali diventa una strategia per fare profitti.
“I cuccioli sono delle bombe a orologeria”, spiega Maria Francesca Bruschi, vicequestore della Polizia di Stato. Questi cani arrivano spesso dall’Est Europa, trasportati in condizioni terribili. Deboli, malnutriti, e senza cure mediche adeguate, vengono venduti a famiglie ignare che li considerano un dono d’amore. La loro fragilità, però, non è un incidente. Secondo Bruschi, è una strategia precisa: quando un cucciolo si ammala o muore poco dopo l’acquisto, genera un forte legame emotivo e spinge molte famiglie a comprarne un altro, alimentando un ciclo perverso che rende questo mercato illecito uno dei più crudeli al mondo.
Navigando su TikTok, basta cercare parole come “cucciolo” o “barboncino toy” per trovare decine di video che pubblicizzano animali dall’aspetto irresistibile. I venditori puntano sull’emotività: immagini di cuccioli minuscoli che dormono in tazze da tè, video che li mostrano mentre giocano con Babbo Natale, o offerte che sembrano fatte su misura per il periodo natalizio. Ma dietro quella facciata glamour si nasconde una realtà spaventosa. Molti di quei cani non hanno pedigree, microchip, o certificati sanitari, nonostante siano requisiti obbligatori per legge.
Questi annunci, apparentemente innocui, rappresentano l’inizio di una trattativa che spesso si sposta su piattaforme come WhatsApp o Instagram, dove il commercio illegale diventa ancora più difficile da tracciare. Anche quando si tratta di venditori italiani, la provenienza dei cuccioli è spesso ambigua. In molti casi, gli animali vengono importati dai paesi dell’Est Europa, dove esistono vere e proprie fabbriche di cuccioli, chiamate “Puppy Mills”. Qui i cani vivono in condizioni disumane, allevati in massa per soddisfare la domanda crescente.
Un documento in particolare può rivelare molto sulla provenienza di un cane: il passaporto sanitario. Secondo Angelo Spada, referente dell’Ordine dei medici veterinari di Napoli, ogni animale che viaggia all’interno dell’Unione Europea deve essere accompagnato da un passaporto che attesta la vaccinazione antirabbica. Se un cucciolo nato in Italia possiede questo documento, significa quasi sempre che è stato importato. Questo dettaglio, apparentemente burocratico, diventa la chiave per smascherare molti commercianti che cercano di nascondere l’origine illegale dei loro animali.
Molti venditori cercano di minimizzare l’importanza del pedigree, presentandolo come un optional per chi vuole partecipare a gare di bellezza canina. Ma in realtà, il pedigree è fondamentale per garantire che un cane non sia affetto da malattie genetiche o malformazioni ereditarie. I cani di razza, infatti, sono particolarmente vulnerabili a problemi di salute, molto più dei meticci. Senza questo documento, chi acquista un cucciolo si espone al rischio di accogliere un animale malato, con gravi implicazioni per la sua qualità di vita.
Le truffe legate al pedigree sono solo uno degli aspetti di questo mercato. Vendere un cane come se fosse di razza, quando in realtà non lo è, rappresenta un illecito punibile dal Codice del Consumo, con multe che possono arrivare a migliaia di euro. Eppure, questo non sembra fermare i venditori, che sfruttano la disinformazione dei compratori per continuare a operare al limite della legalità.
Secondo Eleonora Evi, deputata di Alleanza Verdi Sinistra, il traffico di cuccioli è uno dei business criminali più redditizi, secondo solo al commercio di droga e armi. Ogni anno, in Europa, vengono venduti oltre 8 milioni di cuccioli, con un giro d’affari che supera il miliardo di euro. Questo mercato non solo causa sofferenze indicibili agli animali, ma crea anche gravi danni economici e sociali, tra evasione fiscale e concorrenza sleale nei confronti degli allevatori che rispettano le regole.
Il Parlamento Europeo ha iniziato a riconoscere il benessere animale come una priorità, e nuovi strumenti come il Digital Services Act e il Digital Market Act mirano a regolamentare i mercati digitali, inclusa la vendita online di animali. Anche se queste normative sono ancora lontane dall’essere pienamente efficaci, rappresentano un primo passo verso un controllo più rigoroso di un settore che, finora, è sfuggito a molte delle regole.
Per comprendere appieno l’impatto di questo fenomeno, basta visitare uno dei grandi negozi che vendono cuccioli. Qui, i cani rimasti invenduti spesso tornano negli allevamenti, dove diventano fattrici per produrre nuove cucciolate. Questi animali, considerati ormai poco appetibili per i compratori, finiscono per vivere una vita di sfruttamento, lontana dall’immagine idilliaca che si cerca di vendere.
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