Un ritrovamento che lascia da pensare; un pesce trovato spiaggiato sulla costa del Lazio. Il pesce è un pericolo, ecco spiegato il perché.
Negli ultimi tempi assistiamo a fenomeni di vario genere che hanno come comun denominatore il messaggio che si cela dietro: la Natura vuole comunicarci qualcosa. Non ci vuole tanto purtroppo a capirlo ma spesso ci sfuggono le ragioni – o meglio, le ignoriamo – che si celano dietro questi eventi.
Il cambiamento climatico – stimolato dall’uomo per le sue finalità egoistiche – è spesso la causa di tanti altri eventi che hanno un che di catastrofico, andando sempre peggio se non si riesce a porvi rimedio. E questo spiega – in parte – il ritrovamento lungo le coste del Lazio. Cosa sta succedendo?
Trattasi nello specifico di un pesce istrice, conosciuto anche come pesce porcospino; lungo circa 60 cm spiaggiato a Santa Marinella. La presenza è stata segnalata da un pescatore grazie alla campagna “Attenti a quei 4!” voluta da ISPRA e CNR IRBIM per rendere i cittadini edotti circa la presenza di quattro pesci alieni che possono essere una minaccia per la nostra salute.
Secondo delle analisi è emerso che possono accumulare la tetrodotossina, in quantità minore rispetto ai pesci palla della famiglia Tetraodontidae ma sono comunque una minaccia, ecco perché dal lontano 1992 se ne vieta la commercializzazione a scopo alimentare. Quello ritrovato sulla costa laziale pare che provenga dall’Atlantico orientale attraverso lo Stretto di Gibilterra o ancora – questa tesi fortemente sostenuta dagli esperti del settore – provenga da un rilascio di acquari.
La prima segnalazione di tale specie è stata eseguita nel Mediterraneo e precisamente lungo il litorale sardo dell’isola di Sant’Antioco nel 2008. Corpo gonfiabile ricoperto di grosse spine, denti fusi in placche.
I membri dell’ISPRA dopo aver recuperato l’esemplare di Santa Marinella hanno proceduto ad effettuare le analisi morfologiche e molecolari per identificare la specie e sono stati capaci di fornire queste informazioni. Gli enti preposti al monitoraggio della zona rinnovano l’invito a non liberare specie esotiche e lasciarle nel loro habitat. Un’occasione altresì per essere informati sugli abitanti del mare e conoscere le specie potenzialmente pericolose.
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