Gli esperimenti di turismo spaziale, per ora appannaggio di una strettissima elite di multimiliardari con il pallino per i viaggi impossibili, diventeranno probabilmente via via sempre più ricorrenti fino a quando questa forma di intrattenimento diventerà disponibile per chiunque. E occorre, a differenza di altri comportamenti, cercare di porsi le giuste domande prima di dover trovare soluzioni all’ultimo secondo
Quando un razzo viene lanciato fuori dall’atmosfera terrestre deve sprigionare una potenza tale da permettere al suo enorme e pesante corpo metallico di superare la forza di gravità che altrimenti lo terrebbe inchiodato a terra. Per fare ciò, per vincere la gravità, occorre quindi sviluppare una forza enorme e ottenere la spinta necessaria a lasciare il pianeta che è spesso il frutto, finora almeno, dell’utilizzo di razzi che purtroppo rilasciano in atmosfera e sul terreno una serie di sostanze assolutamente pericolose per la salute umana e per la tenuta dell’ambiente.
Il numero di razzi che finora sono stati lanciati dalla superficie terrestre è però piuttosto limitato il che significa che, se anche ogni volta che un razzo viene lanciato nello spazio inquina come più di 70 autovetture accese, per ora l’inquinamento dei razzi propulsori è un problema di portata limitata. Ma proprio perché siamo ancora all’inizio è bene cominciare da subito a porsi le giuste domande e cercare di mettere in prospettiva uno dei problemi che di certo sorgeranno tra non molto: le emissioni e l’inquinamento dovuto ai viaggi sempre più numerosi verso il cosmo e l’impatto del turismo spaziale.
Cosa c’è dentro i razzi propulsori e perché è importante saperlo
Come riportato anche dal sito ufficiale dell’associazione 8 Billion Trees, ci sono molte sostanze che vengono sprigionate nel momento in cui i razzi vengono accesi per sospingere astronauti e attrezzatura nello spazio. A seconda del carburante che viene utilizzato, che varia dal cherosene all’idrogeno liquido passando per il tetrossido di diazoto e il percolato di alluminio, le emissioni sono varie anche se alcune categorie risultano costanti.
I quattro principali sistemi di lancio utilizzati per esempio dai Soyuz russi come dalla NASA e da SpaceX emettono in atmosfera principalmente biossido di carbonio, vapore acqueo e poi sostanze diverse che variano dall’ossido di azoto all’idrogeno con carbone nero e alluminio insieme, in alcuni casi, all’acido idrocloridrico. Tutte sostanze che hanno un impatto su diversi strati dell’atmosfera. Tornando a SpaceX per esempio, ogni volta che il Falcon Nine si stacca dal suolo, vengono rilasciati nell’atmosfera oltre 336 mila kg di CO2. Il che significa che se i lanci privati dovessero moltiplicarsi anche solo per SpaceX le emissioni di CO2 schizzerebbero alle stelle.
Pensare adesso a domani
Al momento non esiste nessun regolamento internazionale o nazionale o neanche memorandum interno alle società che si occupano di viaggi spaziali in cui ci sia scritto da qualche parte che occorre pensare a nuovi modi meno impattanti sull’ambiente per fare turismo spaziale. Ma per fortuna esistono alcune società, e di nuovo c’è SpaceX tra queste, che stanno cercando di trovare soluzioni meno inquinanti. Come sempre quando si ha a che fare con l’ambiente, le dichiarazioni di intenti devono essere però seguite dai fatti e soprattutto occorrono sforzi globali per evitare di accelerare ulteriormente il degrado ambientale che stiamo già vivendo sulla nostra pelle. Il turismo spaziale sarà sicuramente la novità del domani e tra una decina d’anni l’equivalente di Instagram o di TikTok si riempirà di video di persone che galleggiano a gravità zero e che si fanno selfie inquadrando Giove ma allontanarsi dalla superficie del nostro pianeta non dovrà mai farci dimenticare che quella è la nostra casa e che lì dobbiamo vivere.