Sempre più persone sono attratte dal visitare un vulcano poco dopo l’eruzione. Ma se prima era considerato dark tourism ora è cambiato
Il fascino di Pompei risiede nella sua storia unica e nella sua bellezza artistica. Questa antica città romana, sepolta sotto una coltre di cenere dopo l’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., è stata preservata in modo sorprendente, permettendo ai visitatori di esplorare le rovine di case, strade, negozi e luoghi di culto, e di avere un’idea concreta della vita quotidiana dell’epoca.
Gli affreschi, le sculture e le decorazioni che adornavano le case e le ville sono incredibilmente ben conservati, fornendo una visione unica dell’arte e dell’architettura dell’epoca romana. Inoltre, l’atmosfera suggestiva creata dalle rovine e dalle testimonianze di vita quotidiana fa sì che ogni visita a Pompei sia un’esperienza straordinaria e indimenticabile. Ma molti decidono di visitare i vulcani subito dopo l’eruzione.
Un esempio è il Monte Merapi. Questo – sito nella regione speciale di Yogyakarta, in Indonesia, è uno dei vulcani più attivi al mondo. Nel corso del sabato scorso, ha registrato un’eruzione che ha generato un flusso di lava lungo 1,5 km, innalzando una colonna di vapore alta 100 metri e oscurando il sole. Turisti e residenti hanno cercato disperatamente di scappare con qualsiasi mezzo possibile. Ciò nonostante, questa zona è stata oggetto di un turismo morboso sin dal 2010.
Una delle eruzioni più catastrofiche del Monte Merapi si è verificata proprio nel 2010, causando la morte di 353 persone e l’evacuazione di circa 280mila residenti. Poco dopo l’evento, sono comparse agenzie turistiche che offrivano escursioni specializzate nei villaggi seppelliti dalla cenere. Ma da queste visite nasce un dilemma etico e morale. E’ davvero giusto visitare i luoghi devastati dall’eruzione di un vulcano?
In realtà visitiamo i vulcani fin dall’antichità: dalle “locande termali” in Giappone, dove le persone si rilassano all’ombra dei vulcani, fino alle rovine di Pompei, diventate una vera e propria attrazione turistica fin dal 600. Ci sono popolazioni, poi, per le quali il vulcano fa parte della loro quotidianità, come un amico borbottante del quale quasi si dimentica l’esistenza. Nel caso del vulcano Sakurajima, in Giappone, questo è come un dio protettore per la città di Kagoshima. I ristoranti utilizzano la sua lava per cucinare, mentre il terreno fertile, grazie alle continue eruzioni, permette di coltivare Daikon e arance Komikan.
Nel maggio del 2018, durante le eruzioni del Monte Kilauea nelle Hawaii, che causarono anche degli incendi nei quartieri, la spesa turistica è aumentata del 3,3%. Questo fenomeno viene definito Dark Tourism, in cui le persone sono attratte morbosamente da luoghi in cui si sono verificati disastri o delitti. Tuttavia, esiste anche una forma di turismo vulcanico più etico, legato alla meraviglia della natura e alla curiosità. In effetti, visitare i vulcani rimane un’attività da intraprendere con attenzione e con una buona conoscenza del fenomeno. In generale, visitare i vulcani e le aree circostanti offre uno spettacolo unico nel suo genere e ci fa sentire parte di un pianeta potente, vivo ma anche distruttivo.
Dei nuovi legami tra la "carne finta" e gli stati di depressione sono emersi a…
Quante volte abbiamo mangiato i datteri a Natale? Dopo un pranzo abbondante, spesso accompagnano dolci,…
Indossi il cappello con il pon pon? In pochi sanno che potrebbe essere legato a…