I servizi di ristorazione delle mense scolastiche e ospedaliere non stanno facendo abbastanza per impedire agli allevatori di abusare di antibiotici.
Gli attivisti per la salute pubblica e il benessere degli animali sono in prima linea, in tutto il mondo, per fermare quella che è una pratica ormai consolidata, ma che sicuramente non è sana per quelli che sono i soggetti più fragili della popolazione, ovvero anziani e bambini.
Stiamo parlando dell’uso di antibiotici negli alimenti provenienti dagli allevamenti intensivi, luoghi dove gli animali soffrono e spesso muoiono, dove mancano le più comuni norme igieniche. A oggi mancano politiche efficaci per controllare l’abuso di antibiotici negli animali e in generale chi gestisce mense pubbliche poco fa nella scelta e preferenza di alimenti sani.
Si tratta di un problema non solo italiano, ma comune a tutta l’Unione Europea e – oltremanica – anche al Regno Unito, dove manca un divieto significativo che possa impedire agli allevatori di utilizzare indiscriminatamente antibiotici. Nel nostro Paese, invece, spesso la questione viene snobbata anche da un punto di vista politico, in nome di una millantata produzione Made in Italy.
La carne che arriva sulle nostre tavole, ma anche nelle mense pubbliche, è nella maggior parte dei casi ottenuta con la sofferenza e spesso contaminata. Difficilmente si trovano aziende sane, disposte a fare investimenti in un certo senso e nella gestione delle mense pubbliche la massimizzazione del profitto ha la precedenza sulle questioni di salute pubblica.
Negli anni, i dati ufficiali parlano di una riduzione dell’uso di antibiotici negli animali da produzione alimentare, ma a questa fanno da contraltare le falle normative nelle politiche di approvvigionamento degli alimenti nel settore pubblico. Mancano standard chiari sull’uso responsabile degli antibiotici e contestualmente richieste specifiche nei bandi pubblici.
Che fare dunque? Questa la domanda che tanti attivisti, in questi anni, si sono posti e hanno cercato di lavorare a delle soluzioni che possano anche essere condivise dalla comunità di riferimento, valorizzando soprattutto quell’imprenditoria sana, disposta a mettersi in gioco per invertire una tendenza che appare purtroppo consolidata.
I governi, a tutti i livelli, dalle amministrazioni comunali a salire, dovrebbero usare il loro potere d’acquisto nei contratti di servizio pubblico al fine di promuovere controlli più efficaci sull’uso degli antibiotici negli allevamenti. Sappiamo tutti del resto che il futuro della medicina e la salute di milioni di persone dipendono dall’azione tempestiva e responsabile contro questa minaccia crescente.
Non tutti infatti probabilmente si rendono conto del rischio dell’utilizzo eccessivo di antibiotici negli allevamenti e nell’industria alimentare in generale. In questo periodo storico, nel silenzio delle istituzioni e degli organi di stampa, il mondo si trova ad affrontare la crescente minaccia da parte dei “superbatteri“, ovvero batteri che sono sempre più resistenti agli antibiotici.
Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista medica The Lail fenomeno dell’antibiotico-resistenzancet, oltre 1,25 milioni di persone muoiono ogni anno a causa di nuovi superbatteri, derivati dall’uso eccessivo di antibiotici. Questo in gran parte perché è notevolmente cresciuto negli ultimi anni. Si parla, soltanto in Europa, di quattro milioni di casi, con la conseguente morte di decine di migliaia di persone.
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