Il vaiolo delle scimmie, noto anche Monkeypox, si è evoluto. A dare l’annuncio uno studio portoghese pubblicato su “Nature Medicine”
Dopo la crisi pandemica dovuta al Covid, il mondo intero è alle prese con un’altra malattia: il vaiolo delle scimmie. Il Monkeypox, come viene chiamato in inglese, è una patologia infettiva causata da virus, Orthopoxvirus, molto simile a quello del classico vaiolo, con la differenza di avere una minore diffusione e gravità. E’ bene sottolineare e ricordare che l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 1980 con la Risoluzione WHA 33.3, ha dichiarato che il vaiolo umano è stato eradicato.
Tuttavia però, nei Paesi dell’Africa centrale e occidentale, il vaiolo delle scimmie è ancora oggi presente, in forma endemica. Questo non è altro che una zoonosi che può colpire l’essere umano che è stato a contatto con gli animali infetti come primati e piccoli roditori. L’infezione può essere trasmessa all’uomo in due modi: la saliva e altri fluidi corporei e il contatto diretto. Quest’ultimo comprende anche l’assunzione di carne di selvaggina illegale. Il contagio invece tra essere umani, al momento, sembra però scarsamente efficiente e richiederebbe un contratto stretto. Ma nelle ultime ore è arrivata una notizia incredibile e inaspettata…
Uno studio portoghese, tramite un articolo pubblicato su “Nature Medicine“, ha annunciato una mutazione sorprendentemente forte del vaiolo delle scimmie, rispetto ai virus correlati nel 2018 e 2019. Secondo i lusitani infatti il virus oggi presenta 50 differenze nel genotipo. Un dato preoccupante visto che è superiore di 6 – 12 volte rispetto a quanto tutti si sarebbero aspettati, basandosi sulle stime precedenti. Senza troppi giri di parole di tratta di una vera e propria “evoluzione accelerata”.
Secondo i dati dello studio portoghese, guidato da João Paulo Gomes dell’Instituto Nacional de Saúde ‘Doutor Ricardo Jorge’ di Lisbona, si evincerebbe come l’agente patogeno si starebbe evolvendo e potenzialmente adattando all’uomo. Una notizia davvero incredibile. Fino a qualche giorno fa, infatti, gli esperti parlavano di uno sviluppo molto lento del Monkeypox, soprattutto se paragonato e confrontato con le mutazioni del Covid-19.
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L’ipotesi dei lusitani è che alla base di nuovi focali di questo vaiolo ci siano uno o più ingressi da paesi in cui l’agente patogeno circola in maniera persistente. Si tratterebbe di super diffusori che, grazie ai viaggi internazionali, avrebbero alimentato un’escalation dei contagi. Gli studiosi sospettano che a indurre cambiamenti del genoma virale potrebbero aver avuto un ruolo anche gli enzimi del sistema immunitario umano. Al momento però ricordano gli studiosi portoghesi non ci sono prove sulla possibilità che le mutazioni stiano aiutando la diffusione del Monkeypox. Al tempo stesso, però, non possono nemmeno escluderlo.
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