Tre spot, realizzate dalla multinazionale del petrolio Shell durante lo scorso anno, sono state messe al bando con l’accusa di greenwashing.
Negli ultimi anni sono diverse le aziende finite sotto accusa per quello che è stato ribattezzato come greenwashing, pratica che tende a mostrare un’immagine positiva dell’impresa dal punto di vista ambientale, ma che in realtà serve a nascondere le proprie attività dannose per l’ambiente e distogliere l’opinione pubblica.
Un’accusa arrivata di recente anche per Shell, multinazionale del petrolio: le autorità britanniche hanno deciso di bloccare tre pubblicità del gruppo realizzate nel 2022. Il motivo è legato al fatto che, secondo le autorità, questi spot ometterebbero le informazioni sull’impatto ambientale delle attività svolte durante lo scorso anno.
Tre pubblicità realizzate dal gruppo Shell lo scorso anno sono state messe al bando nel Regno Unito. A stabilirlo, lo scorso 7 giugno, è stato l’Advertising Standards Authority (Asa), l’organizzazione di autoregolamentazione del settore pubblicitario britannico.
Secondo l’ente, come riportato in un comunicato sul proprio sito, i tre spot (un manifesto, uno realizzato per la televisione ed un video Youtube) sarebbero del tutto fuorvianti ed ometterebbero le informazioni relative ai danni ambientali derivanti dalle attività dell’azienda durante il 2022. Si tratterebbe, dunque, per l’Asa di casi di greenwashing, fenomeno noto anche come “ambientalismo di facciata”.
Nel dettaglio, sul manifesto, affisso a Bristol, la multinazionale scriveva che 78mila famiglie nel sud-ovest del Paese utilizzavano elettricità rinnovabile al 100% prodotta da Shell Energy, mentre nella pubblicità andata in onda in tv si affermava che in tutta la nazione erano 1,4 milioni le famiglie che utilizzavano il 100% di elettricità rinnovabile da Shell. Infine, nel video caricato su Youtube si spiegava come il Regno Unito fosse pronto per un’energia più pulita e l’azienda offriva scelte a basse emissioni contribuendo alla transizione energetica.
Analizzando nel dettaglio le tre campagne, l’Asa ha evidenziato come chi ha visionato quest’ultime immaginava che Shell usasse completamente energia da fonti rinnovabili, ma in realtà il colosso petrolifero è ancora legato ai combustibili fossili, nonostante si stia impegnando verso la transazione energetica. Per questa ragione, è stato stabilito il blocco degli spot che non potranno più apparire nella forma presa in esame dall’organizzazione, ma dovranno comprendere informazioni complete sulle attività.
A febbraio di quest’anno, 14mila persone appartenenti a due comunità nigeriane hanno portato Shell dinanzi all’Alta corte di Londra chiedendo un risarcimento per le attività della multinazionale petrolifera che, a loro avviso, avrebbero inquinato le fonti d’acqua. Le due comunità hanno chiesto, inoltre, che Shell si impegnasse a ripulire l’ambiente inquinato dagli sversamenti di petrolio che avrebbero danneggiato anche la pesca e le coltivazioni.
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