Dopo poche ore dall’apertura del Vinitaly 2012, l’evento internazionale dedicato ai vini nostrani e non solo, arrivano delle importanti informazioni che uniscono cambiamenti climatici e vino. Le due cose sembrano non avere molti elementi in comune, eppure da uno studio della Coldiretti effettuato proprio nella fase dell’apertura del Vinitaly emerge che il collegamento è evidente. Proprio oggi, a questo proposito, si terrà alle 15 una conferenza a tema, dal titolo “Clima e vino: rischi e prospettive di una relazione particolare”.
La relazione particolare riguarda l’aumento della temperatura media nel nostro Paese, che è maggiore di 1,5 gradi rispetto a quella che si è registrata nel 1980. Il caldo record che si verifica nella nostra Penisola influenza la vendemmia.
Il vino italiano, insomma, ha subìto l’aumento di un grado negli ultimo 30 anni, portando addirittura alcune denominazioni a cambiare le caratteristiche delle etichette dei vini prodotti, che si sono dovute adeguare alla situazione attuale.
E il cambiamento è avvenuto sia nelle regioni del Nord che in quelle del Sud. Basta considerare ad esempio che il Barbera d’Asti è passato da 11,5 gradi a 12 per quanto riguarda il prodotto di base. Lo stesso si può dire ad esempio dell’Aglianico del Vulture, la cui gradazione ha subìto la stessa variazione.
Le uve in Italia sono in questi anni diventate più dolci e meno acide rispetto al passato. E’ una precisazione che arriva direttamente dalla Coldiretti, che parla di gradazioni di zucchero aumentate addirittura di 2-4 gradi brix, un aumento dovuto proprio all’aumento della temperatura in Italia e al conseguente surriscaldamento dell’uva.
Un effetto che si ripercuote anche sulla vendemmia, che negli ultimi tempi si è anticipata anche di un mese. Dobbiamo quindi dimenticare settembre come mese dedicato all’uva? La questione rimane aperta, anche perché si discute addirittura di anticipare di una settimana la data che per legge stabilisce quando si può stappare il vino novello, il 6 novembre.
Il presidente di Coldiretti, Sergio Marini, ha affermato: “La vite grazie alla sua capacità di adattamento è un patrimonio di biodiversità da preservare perché rappresenta una delle colture più adatte a sfidare i cambiamenti climatici”. E noi dobbiamo essere bravi a trovare delle soluzioni possibili.