E se su Marte ci fosse stata vita ma fosse stata distrutta dall’uomo? Un nuovo studio rivela un errore fatale fatto sul Pianeta Rosso.
L’esplorazione del Sistema Solare e in particolare del Pianeta Rosso, Marte, ormai da anni suscita enorme interesse sia nella comunità scientifica che tra le persone comuni. Le missioni più note sono sicuramente quelle del rover Curiosity, lanciato nello spazio dalla Nasa nel novembre 2011 e atterrato su Marte nell’agosto dell’anno seguente.
Ma prima che Curiosity atterrasse sul Pianeta Rosso, altri due lander parte del programma spaziale Viking erano già arrivati su Marte. In quella occasione i macchinari scattarono le prime foto della superficie e inoltre iniziarono a condurre dei test biologici al fine di registrare la possibile presenza di forme di vita sul pianeta.
Molti dei test biologici portarono a risultati non promettenti, ma alcuni riscontrarono la presenza di organici clorurati. Di lì a poco, però, gli scienziati pensarono che si trattasse di elementi contaminanti provenienti dalla Terra e liquidarono i risultati di quell’esperimento. Un altro esperimento consistette nell’aggiungere acqua con nutrienti al suolo marziano: qualora forme di vita monocellulari avessero consumato quei nutrienti, i macchinari avrebbero potuto rilevare la presenza di gas.
Anche in quel caso gli scienziati ottennero risultati deludenti, accantonando l’idea che potessero esserci forme di vita su Marte. Eppure il professor Dirk Schulze-Makuch della Technical University di Berlino ha avanzato l’ipotesi che proprio l’aggiunta di acqua al suolo marziano possa aver distrutto le possibili forme di vita già presenti sul pianeta.
Secondo uno studio effettuato dai ricercatori dell’Università di Edimburgo, però, sul suolo del pianeta sembrano trovarsi composti chimici che, sottoposti alle radiazioni ultraviolette del sole, risulterebbero fatali per ogni forma di vita batterica. In particolare i perclorati trovati sul suolo, uniti ai raggi UV, andrebbero a creare un cocktail letale per gli organismi marziani.
Secondo l’autrice dello studio Jennifer Wadsworth, per sperare di trovare vita su Marte si dovrebbe scavare per almeno 2 o 3 metri in profondità. Lì gli organismi viventi sarebbero schermati dagli agenti deleteri presenti in superficie. Tale consapevolezza potrebbe rendere possibile trovare o far nascere la vita su Marte, ove sono state scoperte tracce di antichi laghi e fiumi fossili.
Quante volte abbiamo mangiato i datteri a Natale? Dopo un pranzo abbondante, spesso accompagnano dolci,…
Indossi il cappello con il pon pon? In pochi sanno che potrebbe essere legato a…
E' scattato l'allarme nei confronti delle spezie più gettonate nella preparazione di dolci e piatti…