Si pensa spesso all’opportunità di vivere per sempre. Ma forse non si riflette bene sulle conseguenze. Cosa succederebbe se vivessimo 300 anni
Si parla di utopie che hanno raggiunto l’uomo sin dall’inizio dei tempi. L’idea della morte condiziona la vita di chiunque sin dal primo momento di consapevolezza, e, anche se non ce ne accorgiamo, determina le nostre scelte giorno dopo giorno. L’eternità è un desiderio che la maggior parte delle persone insegue, almeno nella fantasia. La naturale conseguenza che chi nasce muore per la maggior parte delle persone non è accettabile. Lo testimonia l’ampia bibliografia sul tema, sia in veste narrativa, che saggistica, che distopica. E la tendenza è di cercare di allungare il più possibile la propria esistenza, grazie a medicina e nuove scoperte scientifiche.
Tuttavia non si deve dimenticare ciò che già ai tempi del positivismo raccontava Mary Shelley, nel bellissimo romanzo “Frankenstein”, che è ben lontano dall’idea del mostro, ma è una delicata e sottile riflessione sulla condizione umana e sulle conseguenze della scienza che tenta di invertire i processi naturali.
Facendo un esempio, si potrebbe immaginare cosa comporterebbe vivere 300 anni. Che non è esattamente l’eternità ma un tempo accettabile di vita. E così come noi anche le persone che ci stanno vicino. Si potrebbe avere più tempo per esplorare nuove carriere lavorative. Senza dubbio ci si deve dimenticare della pensione a 60 anni, e dunque tutti noi dovremmo trovare per secoli il modo per guadagnare del denaro. Ed allora, ciò che adesso pensiamo di poter fare “in una prossima vita”, lo potremmo fare nella vita stessa. Le relazioni potrebbero cementarsi molto più intensamente, dato il tempo decisamente maggiorato da vivere. Si potrebbe coltivare la propria istruzione per almeno un secolo, e continuare ad apprendere. Certo, c’è bisogno del supporto davvero importante della medicina all’avanguardia. Il corpo, anche se più lentamente, continuerebbe ad invecchiare ugualmente, e si dovrebbe preservare il proprio fisico molto più a lungo.
Tuttavia non ci sono solo aspetti positivi. Se si ragionasse con un po’ più di discernimento, ci si renderebbe conto che il fatto che si nasca e si muoia non è una cattiveria o una punizione della natura, bensì una necessità. Se tutti vivessimo per sempre non ci sarebbe spazio nel pianeta neppure per camminare, a meno che non si bloccassero le nascite, ed allora sarebbe un mondo di anziani. Si deve riflettere sul fatto che già ad oggi è difficile risolvere il problema della scarsità delle risorse nella distribuzione mondiale. E se la popolazione triplicasse esponenzialmente, cosa accadrebbe? Ci sarebbero guerre per accaparrarsi anche un singolo pezzo di pane. Le risorse idriche non sarebbero più disponibili e la scienza dovrebbe inventare delle alternative. La siccità dovuta all’eccessivo sfruttamento del terreno sarebbe imperante. Ed allora, vogliamo davvero un mondo così? O forse in fondo il principio che chi nasce muore, in un ottica più ampia, può diventare accettabile?
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