Per numero di morti è il secondo peggior disastro aereo avvenuto nei territori dell’Arabia Saudita: ecco cosa accadde al volo Nigeria Airways 2120.
Non era un volo di linea comune bensì era un charter, ossia un servizio di trasporto non soggetto a programmazione oraria sistematica. Anche il suo epilogo fu tutto tranne che normale. Era l’11 Luglio 1991 quando un Douglas DC-8-61, modello di aereo all’avanguardia della compagnia canadese Nationair, aveva il compito di partire da Gedda (Arabia Saudita) per giungere a Sokoto (Nigeria).
Siamo agli inizi degli anni ’90, quindi in piena Guerra del Golfo, verificatasi in Medio Oriente. La Nationair in questo periodo organizzò diversi subappalti per non lasciare fermi i suoi velivoli. Il Douglas DC-8-61 finì dunque nelle mani della Nigeria Airways, compagnia omonima della propria nazione. Al momento della partenza di quel Luglio 1991, l’aereo possedeva 23 anni di attività, accumulando quasi 50mila ore in cielo.
Il velivolo partì dall’aeroporto di Gedda in una calda mattinata sul suolo saudita. Come si diceva in precedenza, era diretto verso Sokoto, città della Nigeria. Al suo interno conteneva ben 261 persone, di cui 247 passeggeri e 14 membri dell’equipaggio. Poco dopo il decollo però, scoppiò un violento incendio all’interno del mezzo volante. Nessuno però si accorse delle fiamme in quanto nella zona dello scoppio mancavano i sistemi di allarme. Il pannello di controllo dei piloti riferiva numerosissimi guasti per corti circuiti.
I comandanti del volo vennero a conoscenza dell’incendio solo quando un assistente di volo irruppe nella cabina esclamando “Fumo nella parte posteriore… davvero brutto!“. I piloti dunque richiesero un atterraggio di emergenza proprio all’aeroporto da cui erano partiti. A pochissima distanza dalla pista, circa 19 chilometri, l’aereo subì cedimenti vari dei suoi pezzi che mano a mano si staccavano dal corpo meccanico. Ad appena 3 chilometri dalla pista, il velivolo diventò incontrollabile andandosi a schiantare nel bel mezzo di una radura.
Nessuno riuscì a salvarsi. Nessuno dei 261 soggetti all’interno del volo. Inoltre, non tutti morirono per lo schianto al suolo: difatti alcuni cessarono di respirare dopo l’inalazione continua di fumo o perché precipitati mentre l’aereo andava in pezzi. Nelle successive indagini si venne a scoprire che la pressione degli pneumatici 2 e 4 era fortemente sballata. Fu proprio questa la problematica che portò allo scoppio delle fiamme. Inoltre si venne a scoprire che il project manager si era accorto di tale inconveniente ma decise comunque di non dir nulla e di far partire il mezzo. Una parola in più sarebbe bastata per evitare la morte di 261 persone.
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