L’incidente aereo avvenuto nei pressi della California non ha prodotto sopravvissuti. Lo schianto è stato determinato da una manovra suicida.
Nel leggere la cronaca, e la sequenza dei fatti che hanno portato allo schianto del volo Pacific Southwest Airlines 1771, sembra di essere in un film di Tarantino. Purtroppo non è finzione ma realtà. Il fatto è avvenuto il 7 dicembre 1987. A determinare la morte dei 43 occupanti del volo, tra passeggeri ed equipaggio, la manovra suicida di un ex dipendente della compagnia aerea. Non un comandante ma un impiegato dell’aeroporto, che sovente faceva la spola sul volo della Pacific Southwest Airlines, per tornare a casa a San Francisco dopo aver lavorato a Los Angeles.
Questo incidente comportò maggiori misure cautelari nei confronti degli ex dipendenti, quali il ritiro immediato del cartellino e delle autorizzazioni, ed anche alcune regole interne a delle compagnie statunitensi, quali il fatto di non far viaggiare tutti i manager sullo stesso volo. Così da evitare che in caso di incidente fatale venga eliminato tutto il consiglio di amministrazione.
Il 7 dicembre 1987 il volo Pacific Southwest Airlines 1771 era partito senza problemi dall’aeroporto di Los Angeles. Mentre l’aereo si trovava circa a 6.700 metri di quota, si iniziarono ad avvertire strani rumori in cabina. Poco dopo due spari nella cabina passeggeri. Le urla dei passeggeri si fecero alte. L’ultima comunicazione con il controllore del traffico aereo è stata fatta da parte del copilota con l’indicazione di un’emergenza generica in corso. Dalla scatola nera fu possibile ricostruire la sequenza degli eventi. David Burke, ex dipendente della compagnia aerea, era stato licenziato a seguito di un furto per il valore di 69 dollari.
Anche se non fu mai indagato ufficialmente, era stato sospettato di altri crimini quali il trasporto di droga usufruendo dei suoi privilegi nelle tratte aeree. Chiese al suo supervisore, Raymond Thompson, di essere reintegrato. La risposta fu negativa. L’attentato al volo 1771 fu una vendetta suicida omicida dell’uomo. Poco dopo l’inizio degli spari, l’aereo si andò rapidamente a schiantare sulle montagne di Santa Lucia, approssimativamente alla velocità di 1.240 km orari. La rapidissima picchiata con cui il velivolo toccò terra fece disintegrare completamente l’aereo non lasciando sopravvissuti, e fu anche difficile identificare la maggior parte delle vittime.
Da ciò che è emerso dalle ricostruzioni della scatola nera, parve evidente che la prima vittima fu lo stesso Thomson, ex supervisore di Burke. Alcuni elementi del velivolo sono riusciti a sfuggire alle fiamme, tra cui un sacchetto di carta su cui erano scritte queste parole: “Ciao Ray. È quasi assurdo che siamo finiti così. Ti ho chiesto un po’ di pietà per la mia famiglia, ricordi bene, io non l’ho ricevuta e neppure tu l’avrai”. Questo messaggio oggetto un ulteriore luce sul movente che condusse David Burke a commettere questa strage omicida suicida. Si avvertirono numerosi spari, in seguito i quali l’uomo fece irruzione nella cabina dei piloti, uccise tutti i presenti, e si mise al volante del velivolo, spingendo al massimo l’acceleratore e facendolo schiantare al suolo in pochi secondi.
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