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Volo Varig 254, il belly landing nella giungla

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L’incidente che costò la vita a 13 persone fu dovuto ad errori di valutazione da parte dei piloti. L’atterraggio di emergenza nella giungla non fu semplice.

volo varig incidente
Aereo Varig prima dell’incidente (Foto da Wikipedia) – Ecoo.it

Quando siamo in macchina ed affrontiamo lunghi viaggi, una delle cose più importanti da controllare è il livello di carburante. Rimanere ‘a secco’ è piuttosto disagevole, ma non fatale. Diverso è per un aereo, che trovandosi in aria, non può permettersi lo spegnimento dei motori, i quali danno la potenza necessaria per rimanere in volo. Ed è quello che invece è successo al volo Varig 254, che ha avuto uno stop di carburante proprio mentre sorvolava la giungla. A detta degli inquirenti l’incidente è stato causato dalle valutazioni negative dei piloti, per le quali furono condannati a quattro anni di reclusione, commutati poi in servizi sociali.

I passeggeri del volo non devono aver passato dei minuti sereni tra l’atterraggio di emergenza, lo schianto e l’uscita dall’aereo. Purtroppo non sono stati pochi i deceduti, né tantomeno i feriti gravi. A contribuire al disastro aereo senza dubbio il terreno poco ospitale in cui l’aereo si è trovato ad atterrare.

La dinamica dell’incidente

Era il 3 settembre 1989. Il volo Varig 254 era un volo in partenza da San Paolo in Brasile per arrivare a Belém. Prima di partire, l’equipaggio fece un errore che a cascata ne portò altri. Inserì un dato errato sul tragitto per arrivare a destinazione. Di conseguenza anziché andare verso Bélem, l’aereo di diresse verso destinazione ignota, sorvolando la giungla amazzonica.

Aereo nella foresta (Foto da Canva) – Ecoo.it

Quando si accorsero dell’errore era troppo tardi. Si trovavano in una zona remota della giungla ed il carburante era in esaurimento. Data l’area inospitale, non riuscirono prontamente a trovare un luogo dove atterrare. Per cui furono costretti ad effettuare un belly landing, un atterraggio in cui il carrello non è completamente estratto e si utilizza la pancia della fusoliera per impattare al suolo. L’aereo cadde sulla foresta pluviale, su alberi di 50 metri, dopo che i motori si erano progressivamente spenti ed il circuito elettrico disattivato. Così non si riuscirono ad estrarre i flap. Le ali vennero strappate via, e nell’impatto diversi passeggeri furono scagliati dall’altra parte della cabina ed il controsoffitto gli cadde in testa.

Alcuni sopravvissuti, due giorni dopo l’incidente si allontanarono dal luogo dell’incidente per cercare aiuto. Raggiunsero prima una fattoria che non aveva radio, e poi un’altra dalla quale riuscirono a comunicare la propria posizione. I soccorsi raggiunsero i superstiti ben quattro giorni dopo l’incidente.

Le indagini successive

Fortesta amazzonica (Foto da Canva) – Ecoo.it

Gli inquirenti identificarono come unici responsabili dell’incidente i piloti, che furono condannati a quattro anni di prigione per poi scontarli tramite i servizi sociali. Oltre al primo errore, quello di aver inserito una traiettoria errata, a cascata ne seguirono altri. Non si resero conto per tempo che la radio di Belem si sarebbe dovuta sentire dopo poco, ed invece niente.

Quello sarebbe dovuto essere un segnale del fatto che forse c’era stato un errore di traiettoria. Il secondo errore fu quando dopo aver passato in volo il tempo per raggiungere la destinazione, e dunque ipoteticamente atterrare a Belém, il segnale radio per l’ok dalla torre di controllo era molto debole. Si sarebbe dovuto insospettire, ed invece chiese l’autorizzazione tramite un altro Varig, che la accordò. Quando ebbe l’ok alla discesa il comandante era confuso. Si rese conto a quel punto che il paesaggio sottostante non era quello che conosceva di Belém. Ma era troppo tardi.

Giulia Borraccino

Sono nata e cresciuta a Roma. Laureata in Comunicazione con specializzazione in semiotica testuale, nel tempo mi sono appassionata all'approfondimento dei temi ambientalisti ed al giornalismo d'inchiesta. Amo l'arte in tutte le sue sfaccettature.

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