I mezzi tecnologici ci permettono di studiare da Terra alcuni fenomeni che si verificano sulla superficie dei pianeti del Sistema Solare: ad esempio un vortice su Nettuno.
Sono passati quasi 35 anni da quando per la prima volta una navicella spaziale riuscì a sorvolare la superficie di Nettuno. Era infatti il 1989 quando la sonda Voyager 2 rilevò la presenza di macchie scure sulla superficie del più remoto pianeta del Sistema Solare, che si trova a una distanza compresa tra i 4,3 e i 4,7 miliardi di chilometri dalla Terra. Partendo da questa consapevolezza pensare di poter studiare i fenomeni che si verificano su Nettuno osservandoli “comodamente” da Terra è alquanto strabiliante.
Il merito di ciò va ai grandi passi avanti compiuti dai mezzi tecnologici, in particolare quelli di strumenti quali il telescopio spaziale Hubble o il Multi Unit Spectroscopic Explorer (MUSE) del Very Large Telescope. E proprio questo strumento è quello che ha permesso a un team di scienziati dell’Università di Oxford capitanati dall’astronomo Patrick Irwin di far luce sulla vera natura delle macchie scure presenti sulla superficie dell’ottavo pianeta.
Vortice oscuro su Nettuno: finalmente gli scienziati riescono a studiarlo
Si tratta in realtà di tempeste anticicloniche, che hanno vita relativamente breve (compaiono e si dissolvono nell’arco di pochi anni), a differenza di fenomeni quali ad esempio la Grande Macchia Rossa su Giove. Nel 2018 ne è apparsa una nuova e in quella occasione Irwin ha potuto esaminare la luce solare riflessa sul pianeta, per poi dividerla nelle sue lunghezze d’onda costituenti per ricostruire uno spettro 3D di Nettuno.
Dal momento che varie lunghezze d’onda corrispondono ad altrettante altitudini nell’atmosfera, gli scienziati sono riusciti a collocare il fenomeno in uno strato relativamente basso dell’atmosfera del pianeta. La macchia scura potrebbe dunque essere il risultato del riscaldamento di un vortice anticiclonico, entro il quale il ghiaccio di idrogeno solforato vaporizza per rivelare un nucleo del vortice più scuro. Le osservazioni degli scienziati sarebbero confermate anche dal fatto che le particelle nello strato di aerosol sovrastante diventano più rarefatte, riducendo l’opacità: all’osservazione risulterebbero meno compatte e dunque meno scure.
La scienza ha fatto enormi passi in avanti
Nonostante siano necessarie ulteriori analisi per comprendere a fondo le cause e le conseguenze del fenomeno, gli astronomi sono entusiasti di poter vantare “un sorprendente aumento della capacità dell’umanità di osservare il cosmo”, ha affermato l’astronomo Michael Wong dell’Università di Berkeley. Che a breve diventi possibile isolare e decifrare i messaggi di possibili forme di vita aliene?