Dal 12-15 Gennaio a Tallinn si è tenuta la conferenza mondiale di Let’s Do It World in vista del World Clean Up 2012 che si terrà nel mondo dal 24 Marzo al 25 Settembre.
Tutto cominciò da una telefonata quando Rainer Nõlvak chiamò Toomas Trapido per comunicargli il suo disgusto provocato dal cumulo di spazzatura sulla spiaggia locale in Estonia. Così nasce il movimento civico “Let’s Do It! World”. Il 3 maggio 2008 si riuniscono 50.000 persone per fare azione di pulizia volontaria e raccogliere 10.000 tonnellate di rifiuti nell’intero territorio nazionale. Il movimento si è poi diffuso in tantissimi altri paesi. Lo scorso Gennaio a Tallinn, città patrimonio dell’Unesco e quest’anno capitale della cultura Europea, si è svolta la seconda conferenza mondiale del “Let’s Do It! World Clean Up 2012“. Quattro giorni di presentazioni ricche di idee innovative e seminari su come organizzare e ottimizzare il movimento clean up. Agli incontri si sono alternati esibizioni folkloristiche di musiche e canti estoni e spettacoli improvvisati presentati da ogni singolo paese.
Ma come funziona il clean up? Ogni cittadino volenteroso può contribuire online mappando i luoghi, fotografando aree dove i rifiuti vengono abbandonati illegalmente. Se è munito di smartphone può scaricare gratuitamente l’applicazione World Waste Map. Il software è stato creato da Ahti Heinla, ingegnere fondatore e chief architect di Skype.
Chiunque ha la possibilità di lanciare un nuovo movimento e unirsi a quei paesi partecipanti che aderiscono al clean up. Qual è la filosofia di questo movimento? “Pensando al cambiamento climatico” – ha spiegato Rainer Nõlvak alla conferenza nel suo discorso di apertura – “immettiamo ogni anno 9 miliardi di tonnellate di carbonio nell’aria e circa 1 miliardo di tonnellate di rifiuti in tutto il mondo. Si tratta di una quantità enorme. I governi che cercano di affrontare il problema di carbonio si sono incontrati nel 1992 a Rio de Janeiro iniziando un processo di controllo. Ma dal 1992 al 2012 la quantità di carbonio è effettivamente aumentata del 38%. Ogni anno 50.000 persone si riuniscono per discutere su come affrontare il problema con proposte, ma il problema rimane. Significa che c’è qualcosa che si sta facendo male. (…). Se c’è uno tsunami non si discute con il proprio amico quanto rapidamente si deve correre, si corre e basta, o muori o sopravvivi. Ovviamente questo cambiamento climatico non è stato affrontato come un grande problema. Le persone devono cambiar mentalità e vederlo come un sogno verso un mondo pulito piuttosto che come problema del cambiamento climatico. Solo così possiamo risolverlo, perché il 35% delle emissioni di carbonio provengono per la maggior parte da beni che facciamo e utilizziamo noi”. Il sogno di cui parla Nolvak ha iniziato a realizzarsi poiché i paesi coinvolti sono tantissimi. Al momento nel mondo si stanno organizzando squadre di volontari in circa 80 paesi per una giornata di pulizia volontaria tra il 24 marzo e il 25 settembre a livello nazionale o cittadino. L’obiettivo è di raggiungerne oltre i cento. Tra le zone geografiche coperte dal World Clean Up si arriva persino in Siberia, con il movimento che è appena nato da studenti russi per pulire il lago Baikal dai rifiuti lasciati dai turisti.
Tra le organizzazioni che hanno presentato alla conferenza c’è da segnalare la Greenocratic Organization una nuova ONG basata a Beirut nel Libano che ha presentato la barca a impianto di riciclaggio “Blue Whale” con l’idea di costruirne una gran flotta e raccogliere tutto ciò che è di plastica:
“Il Mar Mediterraneo non dovrebbe essere chiamato il ‘grande blue’ ma il ‘grande blue di plastica’ perché ne è pieno!” dice il Presidente dell’organizzazione Roy Wadi Hanna.
“Il Mediterraneo nel Libano inoltre è pieno di idrocarburi, il gasolio luccica dappertutto. Blue Whale è stata progettata per pulire la fuoriuscita di petrolio. Utilizziamo un prodotto americano CI Agent, un polimero che solidifica l’olio bloccandone quindi ulteriori fuoriuscite, e l’olio solidificato si manda al riciclaggio”. Il Presidente Hanna inoltre sta lavorando con ex ministri e avvocati per far applicare in modo più severo le sanzioni già esistenti per quelle persone incuranti del suolo pubblico e che inquinano l’ambiente.
Da dove viene il nome di “Blue Whale”? “L’immagine è quella di una grande balena che apre la bocca mentre mangia e filtra l’acqua per il placton. I progetti a cui stiamo lavorando sono molto economici e servono a generare liquidi per gli OGN permettendo loro di lavorare ancora meglio” dice Antoine el Hajj, uomo d’affari libanese che ha dato vita al Blue Whale.
La ZeroWaste, Rifiuti Zero, è un’altra importante organizzazione che opera nel campo della prevenzione. Joan Marc Simon il coordinatore in Europa ne ha spiegato la filosofia e tutti i suoi esempi citati riguardavano l’Italia: “A livello locale, i Comuni con cui lavoriamo, prima di tutto devono rendere il sistema ed i costi molto trasparenti in modo che si possano evitare episodi di corruzione. Allora è importante che essi attuino buone strategie di separazione alla fonte. Circa l’80% di tutti i rifiuti è completamente riciclabile o compostabile, è solo una questione di raccolta differenziata. Per il 20% che non può essere riciclato abbiamo bisogno di produttori che fanno prodotti di design riciclabili. Infine, è fondamentale che gli investimenti vadano alla prevenzione dei rifiuti e al riciclaggio, non a inceneritori e discariche, perché l’esperienza dimostra che quando questi impianti di smaltimento sono in funzione il Comune non è incentivato a riciclare di più, dovendo per contratto alimentare i bruciatori o le discariche. Ma se non volete aspettare il vostro Comune, si può iniziare da casa propria. Ci sono molti esempi di comunità e di individui che si avviano verso Zero Waste. In Italia 72 Comuni e il 4% della popolazione è impegnata con Zero Waste e la maggior parte di loro ricicla oltre il 70% dei rifiuti”.
Nel corso della conferenza Simon ha citato Last Minute Market, una società spin-off dell’Università di Bologna nata nel 1998, adesso diffusasi in Europa che si occupa della ridistribuzione di cibo eccedente. L’Irlanda ha introdotto la tassa sulle buste di plastica, in Italia c’è il divieto dell’utilizzo, sostituite da buste biodegradabili e “coloro che sprecano meno – ha aggiunto Simon – dovrebbero avere un incentivo economico da parte dello stato”.
Parlando della dematerializzazione si è soffermato su Effecorta: “C’è un negozio in Italia dove si può comprare quasi tutto alla spina privi di imballaggio…”. Poi ha ricordato Capannori che è stato il primo Comune d’Italia che, nel 2007, ha aderito alla rete internazionale di Zero Waste per l’abbattimento dei rifiuti entro il 2020: “Nel centro di ricerca di Capannori dopo aver differenziato l’80%, hanno visto che in quel 20% abbondavano pannoloni. Un produttore locale ha quindi contattato le madri della città chiedendo loro di cucire pannoloni ecologici riutilizzabili fornendo così lavoro locale e ottimizzandone l’economia”.
Il messaggio che Zero Waste vuol dare è che se un prodotto non può essere riutilizzato, riparabile, riciclabile o compostabile deve essere ridisegnato o messo fuori dal sistema. Il sistema può essere low tech, cioè non c’è bisogno di alta tecnologia per essere implementato.
I paesi partecipanti al World Clean Up 2012 sono: Afghanistan, Albania, Armenia, Austria, Austria, Azerbaijan, Bangladesh, Barbados, Benin, Bosnia e Erzegovina, Brasile, Bulgaria, Burkina Faso, Cambodia, Cameroon, Canada, Cile, Croazia, Cuba, Cipro, Repubblica Democratica del Congo, Dominica, Ecuador, El Salvador, Estonia, Filippine, Finlandia, Francia, Gambia, Giorgia, Germania, Ghana, Grecia, Ungheria, India, Indonesia, Italia, Kazakhistan, Kenya, Korea del Sud, Kosovo, Latvia, Libano, Liberia, Lituania, Macedonia, Malaysia, Mali, Malta, Marocco, Mauritius, Messico, Moldova, Montenegro, Nepal, Niger, Nigeria, Olanda, Portogallo, Regno Unito, Romania, Russia, Santa Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Senegal, Serbia, Slovenia, Spagna, Sri Lanka, Stati Uniti, Svezia, Sud Africa, Tailandia, Togo, Trinidad e Tobago, Turchia, Uganda, Ucraina, Venezuela.
di Silvia Lombardo
Si ringrazia Henri Laupmaa, uno dei fondatori di “Let’s Do It! World” per la segnalazione della conferenza.
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